PERSONAGGI
SOCRATE
AMICO DI SOCRATE
---> A fondo pagina le note.
SOCRATE: Che cos'è per noi la legge?
AMICO: Ma quale legge è oggetto della tua ricerca?
SOCRATE: Ma come? è possibile che una legge differisca da un'altra,
se
considerata sotto l'unico aspetto di essere legge? Esamina bene dunque
ciò che io mi trovo a domandarti. Saremmo infatti nella stessa
situazione qualora io tichiedessi che cos'è l'oro: se tu, così come
ora, mi domandassi di quale oro mai io parli, credo che tu non
porresti un giusto quesito, dal momento che l'oro non si differenzia
assolutamente in nulla dall'oro, né una pietra da un'altra, se
naturalmente si considerino l'oro in sé e la pietra in sé; e così
nemmeno una legge differisce da un'altra, ma tutte sono la medesima
realtà. Ogni legge infatti è legge allo stesso modo delle altre, non
l'una di più, l'altra di meno; dunque io ti chiedo proprio questo:
che cos'è la legge in genere? Se quindi hai pronta la risposta,
esponila.
AMICO: Che cos'altro mai potrebbe essere una legge, Socrate, se non ciò
che è stato stabilito?
SOCRATE: Ma come, per te il parlare coincide con le cose dette, o la
vista con ciò che si vede, o l'udito con quello che si sente? Oppure,
una cosa è il parlare e un'altra ciò che si dice; un conto la vista,
un altro ciò che si vede; un conto l'udito, un altro ciò che si ode,
e quindi una cosa è la legge, un'altra le regole stabilite? è così
o come sembra a te?
AMICO: Ora queste due realtà mi appaiono distinte.
SOCRATE: Dunque la legge non si identifica con le norme stabilite.
AMICO: Non mi pare.
SOCRATE: Allora che cosa mai può essere la legge? Esamineremo la
questione in questo modo. Se qualcuno ci domandasse relativamente a ciò
che si è detto proprio ora: «Poiché dite che ciò che si vede è
percepito dalla vista, qual è la natura di quest'ultima?».
Risponderemmo a costui che essa è quella percezione che attraverso
gli occhi rende manifesta la realtà; e se di nuovo ci domandasse: «Allora,
se con l'udito si sente ciò che si sente, che cos'è l'udito?». Gli
risponderemmo che èquella facoltà che attraverso le orecchie ci
rende percepibili i suoni. Allo stesso modo dunque, anche se ci
venisse chiesto: «Se le norme stabilite sono fissate dalla legge,
qual è l'essenza della legge? è una percezione oppure un atto
dimostrativo, come nel caso della scienza che dimostra ciò che
insegna; o ancora è una scoperta con cui si trova ciò che si trova,
simile alla medicina che scopre ciò che è salutare e ciò che
provoca malattia, o simile alla mantica che scopre, secondo quanto
dicono gli indovini, ciò che gli dèi hanno in animo? Infatti, come
credo, l'arte è per noi scoperta della realtà; o no?»
AMICO: Certamente.
SOCRATE: Dunque con quale di queste realtà in particolare noi
potremmo far coincidere la legge?
AMICO: A me sembra che la legge possa essere identificata con i
decreti e le deliberazioni. Del resto, chi potrebbe definirla in altro
modo? Cosicché, in definitiva, sembra, per quanto tu mi domandi, che
la legge sia un atto deliberativo dello Stato.
SOCRATE: A quanto pare affermi che la legge è dimensione politica.
AMICO: Sì, certo.
SOCRATE: E forse dici bene; ma probabilmente in quest'altro modo noi
esamineremo meglio il problema. Pensi che alcuni uomini siano
sapienti?
AMICO: Sì, certamente.
SOCRATE: Dunque i sapienti sono sapienti in virtù della sapienza?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E allora i giusti sono giusti per la giustizia?
AMICO: Assolutamente.
SOCRATE: Dunque anche coloro che agiscono in conformità alle leggi,
lo fanno grazie alla legge?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Mentre coloro che violano le leggi agiscono così a causa
dell'illegalità?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E coloro che rispettano le leggi sono giusti?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Invece coloro che le infrangono sono ingiusti?
AMICO: Sì, sono ingiusti.
SOCRATE: Dunque la giustizia è ciò che di più bello vi possa essere
e così pure la legge?
AMICO: è così.
SOCRATE: Al contrario l'ingiustizia e l'illegalità sono la cosa più
vergognosa?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E le une salvaguardano le città e tutto il resto, mentre le
altre causano distruzioni e rivolgimenti?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Così, come bisogna concepire la legge in qualità di bene,
allo stesso modo la si deve ricercare come tale.
AMICO: Come no?
SOCRATE: Non è forse vero che noi diciamo che la legge è un atto
deliberativo dello Stato?
AMICO: Noi affermiamo proprio questo.
SOCRATE: E dunque? Non vi sono atti deliberativi buoni e cattivi?
AMICO: Sì che ce ne sono!
SOCRATE: Ma assolutamente la legge non può essere cattiva.
AMICO: No, infatti.
SOCRATE: Quindi, non è giusto rispondere semplicemente che la legge
è un atto delil?erativo dello Stato.
AMICO: Mi sembra di no.
SOCRATE: L'affermazione che la legge è una cattiva deliberazione mal
si accorderebbe con quanto detto prima.
AMICO: Sì, certo.
SOCRATE: Ma anche a me sembra che la legge sia un'opinione; e poiché
non è quella cattiva, non è a questo punto evidente che è quella
buona, se veramente è un'opinione?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Ma quale opinione è buona se non quella vera?
AMICO: Appunto!
SOCRATE: E l'opinione vera non è forse la scoperta di ciò che è?
AMICO: è così infattì.
SOCRATE: La legge allora vuole essere scoperta di ciò che è.
AMICO: E coma mai, Socrate, se la legge è scoperta di ciò che è,
non ci serviamo sempre delle medesime leggi in riferimento ai medesimi
casi, se con queste noi scopriamo la natura delle cose?
SOCRATE: Nondimeno, la legge aspira ad essere scoperta della realtà;
dunque gli uomini che non si servono sempre delle medesime leggi non
possono trovare sempre, almeno per quanto ci sembra, ciò che vuole la
legge, la realtà. Su allora, da qui in poi chiariamo se ci serviamo
sempre delle stesse leggi o talvolta di alcune, talvolta di altre, e
se tutti utilizzano le medesime leggi o certi alcune, certi altre.
AMICO: Ma, Socrate, non è certo difficile sapere che gli uomini non
utilizzano sempre le stesse leggi, ma alcuni ne impiegano alcune,
altri altre. Poiché per esempio, mentre per noi non è lecito
sacrificare uomini, anzi è considerato empietà, i Cartaginesi invece
compiono sacrifici umani in quanto per loro è un atto conforme alle e
umane e divine e in virtù di questo alcuni di loro sacrificano a
Crono addirittura i propri figli, come forse anche tu hai sentito
dire. E non sono solo i barbari ad usare leggi diverse dalle nostre,
ma anche gli abitanti della Licea (1)
e i discendenti di Atamante, (2)
quali sacrifici compiono, pur essendo Greci! Come del resto sappiamo e
forse
anche tu hai sentito dire di quali leggi noi stessi ci servivamo in
passato per i defunti, quando sacrificavamo vittime sacre prima del
trasporto funebre e mandavamo a chiamare le donne che raccoglievano in
un'urna le ossa bruciate dei morti. E ancora prima addirittura si
seppellivano i morti in casa; noi invece non facciamo nulla di tutto
questo. Si potrebbero raccontare altri mille casi analoghi: questo
infatti è un importante campo di dimostrazione del fatto che né tra
noi, né tra gli altri uomini sussistono sempre i medesimi usi.
SOCRATE: Non c'è da meravigliarsi, carissimo, se tu parli con
cognizione, di cose a me ignote. Finché però tu esponi a modo tuo
con lunghi discorsi ciò che a te sembra giusto, e io a mia volta
faccio lo stesso, temo che non troveremo mai un punto d'incontro; se
invece la ricerca fosse posta in comune, ci sarebbe qualche possibilità
di trovarsi d'accordo. Dunque se vuoi, procedi insieme a me nella
ricerca ponendoimi domande, o se preferisci dandomi risposte.
AMICO: Preferisco, Socrate, rispondere alle tue domande.
SOCRATE: Ebbene, tu ritieni ciò che è giusto ingiusto e ciò che è
ingiusto giusto, oppure pensi che quello che è giusto, è giusto e
quello che è ingiusto, è ingiusto?
AMICO: Io ritengo giusto ciò che è giusto e ingiusto ciò che è
ingiusto.
SOCRATE: E tutti quanti la pensano a questo modo?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Anche i Persiani?
AMICO: Sì, anche loro.
SOCRATE: Ma è così sempre?
AMICO: Sempre.
SOCRATE: E non è forse vero che qui le cose che hanno più peso sono
ritenute più pesanti e quelle che ne hanno meno più leggere? O è
vero il contrario?
AMICO: No, ma quelle che hanno più peso sono considerate più pesanti
e quelle che ne hanno meno più leggere.
SOCRATE: E questo è valido anche a Cartagine e a Licea? (3)
AMICO: Sì.
SOCRATE: E ciò che è bello, a quanto pare, è ritenuto bello
dovunque, mentre ciò che è brutto, lo è in ogni luogo, ma è
impensabile che il bello sia brutto e il brutto bello?
AMICO: è così.
SOCRATE: Dunque, per dirla in generale, presso di noi e presso tutti
gli altri popoli si ritiene che le cose che sono, sono e quelle che
non sono, non sono?
AMICO: A me sembra di si.
SOCRATE: Allora, chi si sbaglia riguardo a ciò che è, si sbaglia
riguardo a ciò che è conforme alla legge.
AMICO: Così, Socrate, secondo quanto tu dici, ciò che per noi è
conforme alla legge appare tale anche agli altri popoli; ma se mi
metto a pensare a come noi non cessiamo mai di stravolgere da capo a
fondo le leggi, non posso esserne persuaso.
SOCRATE: Forse perché non riesci a capire che, nonostante i
cambiamenti, le leggi rimangono di fatto sempre le stesse. Prova però
a considerare insieme a me la questione in questo modo. Non ti sei mai
imbattuto in uno scritto sulla cura dei malati?
AMICO: Sì, certo.
SOCRATE: Tu sai dunque di quale arte tratta questo scritto?
AMICO: Sì, di medicina.
SOCRATE: E tu chiami medici coloro che si intendono di quest'arte?
AMICO: Sì, certo.
SOCRATE: Dunque quanti possiedono tale scienza la pensano tutti allo
stesso modo, o gli uni in un modo e gli altri in un altro?
AMICO: A me pare che la pensino allo stesso modo.
SOCRATE: E soltanto i Greci concordano fra di loro nel campo della
conoscenza, o anche i barbari si trovanod'accordo fra di loro e con i
Greci?
AMICO: è senz'altro inevitabile che coloro che possiedono una stessa
conoscenza concordino fra di loro, sia Greci che barbari.
SOCRATE: Giusta risposta, ma è sempre vero?
AMICO: Sì, sempre.
SOCRATE: E non è forse vero che i medici scrivono sulla salute ciò
che ritengono essere vero?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Quindi questi scritti dei medici relativi alla medicina sono
le leggi della medicina.
AMICO: Sì, quelli che si attengono a questa scienza.
SOCRATE: Allora anche gli scritti che riguardano l'agricoltura sono
leggi
relative a quest'arte?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Di chi sono propri allora gli scritti e le leggi sulla
lavorazione dei giardini?
AMICO: Dei giardinieri.
SOCRATE: E queste valgono per noi come leggi del giardinaggio?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E sono valide per coloro che sanno curare giardini?
AMICO: Come no?
SOCRATE: E sono i giardinieri che lo sanno fare.
AMICO: Sì.
SOCRATE: Di chi sono propri gli scritti e le leggi sulla preparazione
delle pietanze?
AMICO: Dei cuochi.
SOCRATE: Dunque queste sono le leggi proprie dell'arte culinaria?
AMICO: Senza dubbio.
SOCRATE: E sono proprie di coloro che sono in grado, a quanto pare, di
occuparsi della preparazione dei cibi?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E coloro che lo sanno fare non sono forse, come si dice,
cuochi?
AMICO: Infatti sono loro che se ne intendono.
SOCRATE: Bene; di chi sono propri allora gli scritti e le leggi sul
governo dello Stato? Non sono forse di coloro che sanno governare gli
Stati?
AMICO: A me sembra di sì.
SOCRATE: E lo sanno fare altri, oltre ai politici e ai sovrani?
AMICO: No, solo questi.
SOCRATE: Dunque, questi scritti politici che gli uomini chiamano
leggi, sono scritti di re e uomini buoni.
AMICO: Tu dici il vero.
SOCRATE: E quelli che possiedono scienza, potranno mai scrivere
talvolta una cosa, talvolta un'altra sugli stessi argomenti?
AMICO: No.
SOCRATE: E potranno mai cambiare continuamente leggi in relazione agli
stessi oggetti?
AMICO: No, certo.
SOCRATE: Se quindi noi vediamo da qualche parte alcuni fare questo,
diremo che costoro possiedono scienza o piuttosto che sono
incompetenti, dal momento che agiscono così?
AMICO: Senza dubbio incompetenti.
SOCRATE: E non diremo forse che ciò che è giusto ha in ogni modo
valore di legge, sia che riguardi la medicina, la cucina o il
giardinaggio?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E diremo forse che ciò che non è giusto è conforme a
legge?
AMICO: Assolutamente no.
SOCRATE: Quindi è opposto alla legge.
AMICO: Inevitabilmente.
SOCRATE: Dunque anche fra gli scritti sul giusto e l'ingiusto e in
genere sull'ordinamento di uno Stato e su come bisogna governare uno
Stato, il giusto è legge sovrana, l'ingiusto no, ma ha valore di
legge solo per gli incompetenti, in quanto contrario alla legge.
AMICO: Sì. Allora ci troveremo giustamente d'accordo nel definire la
legge scoperta di ciò che è.
AMICO: Così pare.
SOCRATE: Dilunghiamoci ancora su questo punto. Chi con perizia sparge
sulla terra i semi?
AMICO: Il contadino.
SOCRATE: E costui sparge su ogni terra i semi adatti?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Il contadino allora è un buon dispensatore di semi, e le sue
norme e regole riguardo a questo, sono giuste?
AMICO: Sì.
SOCRATE: E chi è un buon dispensatore di note nelle melodie e chi sa
distribuirle nel modo più adatto? Insomma: chi possiede leggi giuste
a questo riguardo?
AMICO: Il flautista e il citarista.
SOCRATE: Quindi il miglior legislatore in questo campo è colui che sa
suonare meglio il flauto.
AMICO: Sì.
SOCRATE: E chi è quello più in grado a stabilire il regime
alimentare per il corpo degli uomini? Non è forse colui che prescrive
quello più adatto?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Dunque le prescrizioni e le leggi di costui sono le migliori
e colui che è il legislatore più capace in questo campo è anche il
più abile a stabilire diete.
AMICO: Certamente.
SOCRATE: Chi è costui?
AMICO: Il maestro di ginnastica.
SOCRATE: Ed egli è il più capace a prendersi cura del corpo
dell'umano gregge?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Ma chi è il più abile a pascolare il gregge di pecore? Qual
è il suo nome?
AMICO: è il pastore.
SOCRATE: Quindi le leggi del pastore sono le migliori per le pecore.
AMICO: Sì.
SOCRATE: E quelle del mandriano per i buoi.
AMICO: Sì.
SOCRATE: Ma da chi provengono le leggi migliori per l'anima degli
uomini? Non derivano forse dal re? Rispondi.
AMICO: Dico di sì.
SOCRATE: Certamente dici bene. Sapresti forse dirmi chi tra gli
antichi è stato un buon legislatore per quanto concerne il suonare il
flauto? Forse non ti viene in mente, ma permetti che io te lo ricordi?
AMICO: Sì certo.
SOCRATE: Non si dice forse che sia stato Marsia (4)
e il suo amato Olimpio di Frigia? (5)
AMICO: è vero.
SOCRATE: Certo le loro arie per flauto sono intutto divine ed esse
sole commuovono e rivelano coloro che hanno rapporti con gli dèi;
esse sole poi sopravvivono ancora adesso, proprio in virtù del loro
carattere divino.
AMICO: è proprio così.
SOCRATE: E chi si dice sia stato tra gli antichi re un buon
legislatore a tal punto che le sue leggi sono in vigore ancora adesso,
quasi fossero divine?
AMICO: Non mi viene in mente.
SOCRATE: Non conosci chi tra i Greci si serve delle leggi più
antiche?
AMICO: Forse tu alludi agli Spartani e al loro legislatore Licurgo?
SOCRATE: No, queste leggi probabilmente non hanno ancora trecento anni
o forse li superano di poco. Ma tu sai da dove provengono le leggi
migliori tra queste?
AMICO: Dicono da Creta.
SOCRATE: E non sono forse questi tra i Greci ad utilizzare le leggi più
antiche?
AMICO: Sì.
SOCRATE: Tu sai dunque quali tra questi furono buoni sovrani: Minosse (6)
e Radamante, (7) i figli di
Europa e Zeus da cui hanno avuto origine tali leggi.
AMICO: Veramente, Socrate, dicono che Radamante fosse un giusto, ma
raccontano che Minosse fosse un selvaggio, di pessimo carattere e
ingiusto.(8)
SOCRATE: Carissimo, tu parli di un mito attico oggetto di una
tragedia.
AMICO: Ma come? Non si tramandano queste notizie su Minosse.
SOCRATE: Non certo ad opera di Omero e di Esiodo; e sicuramente essi
sono più attendibili di tutti i tragediografi prestando fede ai quali
tu dici queste cose.
AMICO: Ma che cosa dicono questi due riguardo a Minosse?
SOCRATE: Te lo dirò, affinché anche tu come i più non dica qualcosa
di sacrilego. Infatti non c'è nulla di più empio e nulla da cui
bisogna guardarsi di più, del peccare di fronte agli dèi con le
parole e con i fatti, e in secondo luogo davanti a uomini divini. Di
certo bisogna sempre riflettere molto qualora si voglia biasimare o
lodare un uomo, per non parlare ingiustamente. Anche per questo si
deve imparare a distinguere gli uomini buoni da quelli cattivi, poiché
il dio si sdegna qualora si biasimi chi è simile a lui o si lodi
colui che è esattamente l'opposto: L'uomo simile alla divinità è
l'uomo buono. Non conferire poi carattere sacro alle pietre, al legno,
agli uccelli, ai serpenti piuttosto che all'uomo; al contrario,
ritieni l'uomo buono il più sacro di tutti e il malvagio il più
empio. Per questo motivo ti parlerò anche di Minosse, del modo in cui
lo lodano Omero ed Esiodo, per impedire che tu da uomo, figlio di
uomo, usi parole sbagliate nei confronti di un eroe figlio di Zeus.
Omero infatti quando dice di Creta che in essa abitavano molti uomini
e che aveva novanta città, a queste ne aggiunge un'altra: «La grande
città di Cnosso, dove Minosse amico intimo del grande Zeus regnò
nove anni».(9) è dunque
questa la lode di Omero a Minosse fatta di poche parole, ma mai
indirizzata a nessun altro dei suoi eroi. In più punti della sua
opera come qui risulta chiaro che per Omero Zeus è un dio sapiente e
che la sapienza è un'arte bellissima. Il poeta dice inoltre che
Minosse ogni nove anni conversava con Zeus e lo frequentava per essere
educato, in quanto Zeus è il vero sapiente.(10)
Che dunque Omero non attribuisca a nessuno degli eroi, se non a
Minosse, il privilegio di essere educato da Zeus costituisce già di
per sé una lode meravigliosa. Inoltre nell'Odissea, nel passo della
discesa agli Inferi, Omero ha rappresentato nelle vesti di giudice con
lo scettro d'oro Minosse e non Radamante;(11)
in alcun modo Radamante riveste qui la funzione di giudiceo di intimo
di Zeus. Per questi motivi io affermo che tra tutti Omero ha lodato in
particolare Minosse. Non esiste infatti lode più grande dell'essere
detto il solo figlio di Zeus ad essere stato educato da Zeus e il
verso: «Regnò nove anni in stretto rapporto col grande Zeus»
significa proprio che Minosse era intimo di Zeus. Gli oaroi sono
infatti i discorsi e oaristes è colui che è ammesso nell'intimità
del discorso. Omero diceva dunque che Minosse si recava ogni nove anni
nell'antro di Zeus, in parte per imparare, in parte per mostrare coi
fatti ciò che aveva appreso da Zeus nei nove anni precedenti. Vi sono
tuttavia alcuni che ritengono l'oaristes compagno di bevute e
divertimenti di Zeus. Ci si potrebbe però servire di questa
argomentazione per dimostrare che coloro che la pensano in quel modo
non dicono nulla diragionevole: infatti non c'è nessun uomo, greco o
barbaro, che si tenga lontano dai banchetti o da questo tipo di
passatempo, di cui fa parte il vino, se non i Cretesi e in secondo
luogo gli Spartani che l'hanno imparato dai Cretesi. Addirittura a
Creta, oltre alle altre leggi stabilite da Minosse c'è quella di non
bere fino all'ubriachezza quando si sta con gli altri. è certo chiaro
che Minosse stabilì come leggi valide anche per i suoi concittadini
quelle che riteneva giuste.
Minosse infatti non pensava in un modo e poi agiva in contrasto con le
sue convinzioni, come un uomo qualunque: è proprio questa l'intimità
di cui parlavo, fatta di discorsi volti ad educare alla virtù. Su
tale base dunque Minosse pose le leggi per i suoi concittadini,
attraverso le quali Creta prosperò felicemente e per tutto il tempo,
e così Sparta almeno da quando iniziò a servirsene come se fossero
state divine.
Anche Radamante era un uomo buono, infatti era stato educato da
Minosse. Egli però non era stato istruito relativamente a tutta
l'arte del regnare, ma solo per essere al servizio del regno, per
quanto riguarda il presiedere i tribunali: proprio in seguito a ciò
ebbe fama di essere un buon giudice. Minosse infatti si avvaleva di
quel custode di leggi per la cittadella, mentre per il resto di Creta
ricorreva a Talo.(12)
Quest'ultimo girava tre volte l'anno di villaggio in villaggio per
salvaguardare le leggi che teneva scritte su tavolette di bronzo: per
questo fu soprannominato «bronzeo». Esiodo raccontò cose simili sul
conto di Minosse, infatti dopo averne citato il nome dice: «Egli tra
i re mortali fu il più regale e regnò su gran parte dei popoli
confinanti, con lo scettro di Zeus; regnò sulle città grazie ad esso».(13)
Lo scettro di Zeus non allude a nient'altro che all'educazione
impartita dal dio in virtù della quale governava Creta.
AMICO: Allora, perché mai, Socrate, si era divulgata su Minosse
codesta fama di uomo incolto e intrattabile?
SOCRATE: Per lo stesso errore da cui anche tu, carissimo, se sei
saggio e tutti gli altri uomini che vogliano essere tenuti in pregio
da qualcuno, devono stare in guardia: non inimicarsi mai nessun poeta.
I poeti infatti hanno grande influenza sulla fama delle persone a
seconda che nei loro poemi ne parlino male o bene. Proprio in questo
Minosse sbagliò, poiché combatté contro questa città in cui vi
sono ogni forma di sapienza e vari poeti di ogni genere letterario,
compreso quello tragico. A ben vedere, inoltre, la tragedia esiste da
noi sin dall'antichità e non inizia, come generalmente si crede, con
Tespi o Frinico, (14) ma se si
vuole condurre una ricerca si troverà senz'altro che è un'antica
scoperta di questa città. Inoltre la tragedia è il genere letterario
più popolare ed avvincente e noi inserendo in essa Minosse ci
vendicammo di quei tributi che ci costrinse a pagare. Dunque fu questo
l'errore di Minosse, l'essersi reso odioso ai nostri occhi, ed è a
partire da tale fatto che ottenne fama più ignobile, quella che è
oggetto della tua domanda.Evidentissima prova che fosse invece buono e
rispettoso delle leggi, come appunto dicevamo prima, e buon
legislatore, consiste nel fatto che le sue leggi sono rimaste
immutate, in quanto proprie di chi ha veramente colto la verità
relativamente al governo dello Stato.
AMICO: Mi sembra, Socrate, che il tuo discorso abbia offerto
spiegazioni plausibili.
SOCRATE: Dunque, se dico il vero, non ti pare che i Cretesi
concittadini di
Minosse e Radamante si servano delle leggi più antiche?
AMICO: Mi sembra proprio di sì.
SOCRATE: Questi allora fra gli antichi sono stati i migliori
legislatori, pastori e guide degli uomini, come anche Omero disse a
riguardo del buon stratega che è pastore di moltitudini. (15)
AMICO: Sì certo.
SOCRATE: Su allora, per Zeus propizio, se qualcuno ci chiedesse quali
cose il buon legislatore e pastore del corpo stabilisce per il corpo
al fine di renderlo migliore, noi diremmo bene e risponderemmo in
breve, il cibo e le fatiche, l'uno per accrescerlo, le altre per
esercitarlo e renderlo sodo.
AMICO: Giusto.
SOCRATE: E se poi oltre a questo ci chiedessero: «Quali cose il buon
legislatore e pastore stabilisce per l'anima, per renderla migliore?».
Che cosa mai dovremmo rispondere per non vergognarci di noi stessi e
della nostra età?
AMICO: Non so cosa dire.
SOCRATE: Ma è proprio vergognoso per le anime di entrambi mostrare di
non avere conoscenze in quello che per loro costituisce il bene e il
male, e d'altra parte scoprire di possedere queste stesse conoscenze
relativamente al corpo e alle altre realtà.
NOTE:
1) Località dell'Arcadia: cfr. Pausania, libro 8, 38.
2) Re di Orcomeno in Beozia rischiò di essere giustiziato come
vittima espiatoria al posto dei due figli Frisso ed Elle portati in
salvo dall'ariete dal vello d'oro; fu salvato dal nipote Citisoro (cfr.
Erodoto, libro 7, 197).
3) Cfr. la nota 1.
4) Celebre flautista, protagonista di narrazioni mitiche; secondo la
leggenda osò gareggiare con Apollo e una volta vinto fu scorticato
dal dio e appeso ad un albero: ctr. Platone, Respublica, libro 3,
399e; Leges, libro 3, 677d; Diodoro Siculo, libro 3, 58-59; Apollodoro,
libro 1, 4, 2; Igino, Fabulae 165.
5) Auleta di origine frigia ricordato dalle fonti come grande
innovatore (Plutarco, De musica, 11), visse presumibilmente tra
l'11esimo e l'ottavo secolo a.C.
6) Re di Creta, figlio di Zeus e di Europa: cfr. Omero, Odyssea, libro
4, 564; Diodoro Siculo, libro 4, 60; 77,2 e 13,4; libro 5, 79.
7) Re di Creta, fratello di Minosse, acquisì fama di giudice
equanime: cfr. Platone, Leges, libro 1, 624a-b.
8) Si tratta della tradizione iniziata dai tragici che legavano la
figura di Minosse alla vicenda del Minotauro.
9) Omero, Odyssea, libro 19, 178-179.
10) Cfr. Diodoro Siculo, libro 4, 60; Apollodoro, libro 3,1,2;
Strabone, libro 10, 4,8.
11) Omero, Odyssea, libro 11, versi 568-671.
12) Le fonti lo indicano come il mitico servo di bronzo dalla testa di
toro donato da Zeus a Minosse come custode di Creta: cfr. Apollonio
Rodio, libro 1, 639 e seguenti; Apollodoro, libro 1, 9,26.
13) Esiodo, frammento 103 Merkelbach-West.
14) Tespi, poeta e attore greco, nacque verso il 580 a.C. in un demo
dell'Attica; secondo la tradizione fu uno degli iniziatori dei genere
tragico. Di Frinico, anch'egli poeta tragico del sesto secolo a.C., si
conoscono i titoli di nove tragedie.
15) Omero, Ilias, libro 1, verso 623.
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